Botanicula
Degli Amanita Design, piccolo studio ceco dedito allo sviluppo di videogiochi, ma anche video musicali ed in generale computer grafica, pochi si accorgono prima della pubblicazione del seguito di Samorost, avvenuta nel 2006.
In pratica si tratta di un rompicapo i cui vari enigmi sfruttano l'interattività di un mondo di gioco sviluppato con la tecnologia Flash. Fin dalla prima occhiata, non sembra un giochetto come tanti tra quelli che vengono definiti genericamente browser game, a partire dalla grafica (realizzata con tessiture ben riconoscibili quali tronchi d'albero, muschi, lattine e persino componenti meccanici) per arrivare alla colonna sonora (un suggestivo pastiche di suoni ambientali e musica elettronica).
È nel 2009 però che gli Amanita raggiungono il grande pubblico dei giocatori di avventure grafiche, e lo fanno pubblicando Machinarium. Ancora una volta si tratta di un prodotto che incanta per la particolare atmosfera, realizzata soprattuto con l'apporto di una ricercatissima grafica disegnata a mano e di un'evocativa soundtrack sullo stile delle produzioni precedenti, ma quantomai ficcante. E poco importa se gli enigmi presentati siano grossolanamente contestualizzati — con alcune cadute di stile che si fanno sentire —, che i personaggi non abbiano dimesione psicologica e che il gioco sia eccessivamente breve o lineare; quello che conta è che alla fine moltissimi si affezionano al robottino Josef.
Grazie al successo derivato da quello che a tutti gli effetti possiamo considerare il primo grosso progetto di Amanita Design, il gruppo può allargarsi un po' e dedicarsi a più attività in contemporanea: Jakub Dvorský (fondatore dello studio e fin qui unico autore) si dedica agli effetti speciali di un film indipendente e vengono annunciati alcuni nuovi progetti tra cui spicca Botanicula, uscito nell'aprile del 2012 e diretto da Jaromír Plachý, che ha lavorato come animatore su Machinarium.
Il gioco si distacca in maniera evidente dalla produzione precedente, pur tenendo bene a mente le origini dell'Amanita Design (oltre ai due Samorost, altri due browser game educativi). Botanicula continua ad essere un puzzle game come i suoi predecessori, ma l'impianto scenico per la rappresentazione della vicenda corre sui binari dell'astrattismo di una natura osservata al microscopio, laddove le opere precedenti preferivano un surrealismo un po' dada.
Botanicula è un gioco “microscopico” che mette in scena flora e fauna di un ambiente che non può esistere, in cui la minuscola fauna stessa sembra essere così poco animale, costituita com'è da una pletora di materiali vegetali e inorganici (noci, noccioline, frutti, funghi, sassetti, coralli e così via). Parlare schematicamente di grafica per un gioco come questo rischierebbe di sminuire lo sforzo creativo che ne sta alla base. La struttura è semplice, il gioco è composto da quadri e i cinque personaggi che possiamo controllare si spostano da un'inquadratura all'altra e non hanno la possibilità di muoversi al loro interno.
La ricchezza di particolari che è possibile osservare è sbalorditiva, nel primo terzo di gioco lo scenario è un enorme (ricordiamoci che siamo dei microbi) albero luminescente al cui interno scorre letteralmente la vita fluida che gli dà sostentamento, ma ciò che impressiona non risiede tanto nella qualità della rappresentazione che, anzi, è decisamente scarsa, quanto piuttosto nella varietà di forme di vita che popolano lo strano microcosmo proposto.
Esserini di totale contorno alla vicenda, che caratterizzano però uno dei più vivi ambienti virtuali che mi sia capitato di vedere; tutto è un ronzare, uno strisciare, un rosicchiare, un cinguettare di strambe forme di vita costituite da materiali assolutamente impossibili: strani insetti pennuti, testuggini con zucche al posto dei carapaci, pipistrelli mollicci, volatili vibranti come sirene d'allarme... e tutti assolutamente interattivi, tutti chiamati a recitare scenette buffe o assurde per la gioia del giocatore. Paradossalmente, sono proprio i personaggi comandabili che risultano scialbi, hanno sì alcune caratteristiche che li rendono unici, ma vengono impiegate rarissimamente durante il gioco.
Interessanti anche i cambi di ambientazione, questo Botanicula scivola gradatamente dall'abbacinante illuminazione di una natura vegeta e rigogliosa, fino all'oscurità di un abisso totalmente sterile passando da altri ambienti più o meno cupi.
La trama, assai esile in verità, narra di un ambiente minacciato da alcuni ragni d'ombra che si nutrono dell'essenza vitale delle piante fino a farle morire; i nostri eroi entrano casualmente in possesso di un curioso seme luminescente e si impegnano per piantarlo al suolo. Tutto qui.
Molti personaggi incontrati sul tragitto aggiungeranno particolari alla storia raccontando le loro esperienze coi ragni d'ombra e ci chiederanno di porre rimedio a qualcuna delle conseguenze. Il game design è quasi del tutto volto al raggiungimento di certi obiettivi — generalmente oggetti da ritrovare — che permettono di superare un certo livello di gioco. Molti enigmi sono tipicamente dei rompicapo, molto simili a quelli già visti nei Samorost e che riguardano la manipolazione di elementi presenti in un certo quadro. Pochi altri enigmi richiedono l'utilizzo di oggetti, conservati nell'esiguo inventario, molto spesso sono alcuni personaggi ad incaricare i nostri eroi di ritrovare un particolare oggetto, o altro, impegnandoci in una sorta di missione per loro conto.
In effetti la struttura propriamente ludica in quest'ultimo titolo Amanita è assai scarsa, ma non se ne sente la mancanza. Appare ovvio fin dall'inizio che non è quella il primo obiettivo degli autori del gioco, gli enigmi costituiscono solo il pretesto che spinge il giocatore ad esplorare gli ambienti, a farsi incantare dalla ricchezza e dalla varietà di scenette che si innescano interagendo col puntatore del mouse sui moltissimi hotspots disponibili, scenette che, si badi, sono totalmente superflue nell'economia del game design.
Tutta forma e niente sostanza, dunque? Niente affatto, qui è la forma stessa ad essere sostanza. Una vera e propria sinfonia visiva, sorretta da una colonna sonora tanto sbilenca quanto evocativa che mescola con noncuranza musica elettronica, Thomas Newman, rumori ambientali e melodie languide tipicamente post-rock; e poi un campionario di cinguettii, fruscii, scalpitii, crepitii, ronzii e altre parole in -ii che pare non esaurisi mai.
Gioca a favore dell'atmosfera decisamente straniante anche l'assenza di doppiaggio: i personaggi biascicano un grammelot fioco e incomprensibile che accompagna le scenette che ne sono una traduzione visiva, proprio sulla scia dei precedenti prodotti Amanita. In molti casi questo ermetismo dona un'affascinante inintelligibilità che però può anche indisporre, ma d'altra parte donare di favella comprensibile i personaggi o sottotitolarne la parlatura avrebbe creato uno certo stridore con l'atmosfera fortemente surreale del gioco.
Sebbene molti si aspettassero la tenera melanconia di Machinarium, questo Botanicula non ci pensa due volte a scacciare con pervicacia una qualsiasi tendenza melodrammatica (sebbene non ne sia completamente esente); due terzi del gioco sono piuttosto cupi e godono di un fascino arcano che può risultare indigesto a coloro che avessero scoperto gli Amanita seguendo i passetti ritmici del robottino Josef.
Nonostante questi dettagli, c'è da dire che Botanicula si avvicina pericolosamente all'essere più un'esperienza che un videogioco, il parto di una mente dalla creatività sfrenata che conosce benissimo come stupire o disturbare il giocatore utilizzando pochissimi elementi: cambi di tonalità di colore, utilizzo di creature tendenzialmente inquietanti ecc... ma che d'altra parte se ne serve al solo scopo di divertire in maniera insolita.
Perché alla fine Botanicula non chiede a nessuno di essere decifrato, non è piagato da quell'eccessiva autorialità spocchiosa tipica di molti sviluppatori indipendenti, a mio avviso non gli interessa nemmeno che ci si interroghi su un “significato altro”, vuole semplicemente che il giocatore si lasci condurre attraverso ciò che intende ed ha da mostrare. E, personalmente, tanto basta.